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militare sul campo.
Il capitano stette sull attenti finché il generale non
scomparve. Rimasto solo con noi, si sedette e pianse tut-
ta la notte, senza riuscire a pronunziare una parola.
Finito il ritiro dei feriti e dei morti, che gli austriaci ci la-
sciarono raccogliere senza sparare un colpo, io mi ero
sdraiato, cercando di dormire. La testa mi era leggera, leg-
gera, e mi sembrava di respirare con il cervello. Ero sfinito,
ma non riuscivo a prendere sonno. Il professore di greco
venne a trovarmi. Egli era depresso. Anche il suo batta-
glione aveva attaccato, piú a sinistra, ed era stato distrutto,
come il nostro. Egli mi parlava con gli occhi chiusi.
Io ho paura di diventare pazzo, mi disse. Io di-
vento pazzo. Un giorno o l altro, io mi uccido. Bisogna
uccidersi.
Io non seppi dirgli niente. Anch io sentivo delle on-
date di follia avvicinarsi e sparire. A tratti, sentivo il cer-
vello sciaguattare nella scatola cranica, come l acqua agi-
tata in una bottiglia.
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Letteratura italiana Einaudi
Emilio Lussu - Un anno sull Altipiano
XVI
Il generale Leone non si dava pace. Era stato citato
all ordine del giorno dell armata e questa distinzione lo
spingeva a nuovi ardimenti. Egli appariva in linea, di
giorno e di notte. Era evidente che meditava altre im-
prese. Ma la brigata aveva avuto perdite troppo gravi e
non poteva essere impiegata prima di essere ricostituita.
Al mio battaglione, non erano rimasti che duecento sol-
dati, compresa la sezione mitragliatrici di Ottolenghi
che, durante l azione, era stata di presidio alle trincee.
Eravamo ridotti a tre ufficiali. Il capitano Bravini, la cui
ferita al braccio era stata considerata leggera, morí in
quei giorni. Un altro ufficiale, ferito ad un piede, dovet-
te essere ricoverato all ospedale e operato.
La fine di luglio e la prima quindicina d agosto, furo-
no per noi un riposo lungo e dolce. Non un solo assalto
in quei giorni. La vita di trincea, anche se dura, è un ine-
zia di fronte a un assalto. Il dramma della guerra è l as-
salto. La morte è un avvenimento normale e si muore
senza spavento. Ma la coscienza della morte, la certezza
della morte inevitabile, rende tragiche le ore che la pre-
cedono. Perché si erano uccisi i due soldati della 10a?
Nella vita normale della trincea, nessuno prevede la
morte o la crede inevitabile; ed essa arriva senza farsi an-
nunciare, improvvisa e mite. In una grande città d al-
tronde vi sono piú morti d accidenti imprevisti di quanti
ve ne siano nella trincea di un settore d armata. Anche i
disagi sono poca cosa. Anche i contagi piú temuti. Lo
stesso colera che è? Niente. Lo avemmo fra la 1a e la 2a
armata, con molti morti, e i soldati ridevano del colera.
Che cosa è il colera di fronte al fuoco d infilata d una
mitragliatrice?
Quei giorni di vita di calma in trincea furono persino
giocondi.
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Letteratura italiana Einaudi
Emilio Lussu - Un anno sull Altipiano
I soldati canticchiavano all ombra. Rileggevano cento
volte le lettere ricevute da casa, cesellavano i braccialetti
di rame tolti alle granate, si spulciavano beati e fumavano.
Qualche giornale ci arrivava ogni tanto e ce li passa-
vamo fra di noi. Erano tutti gli stessi e c irritavano. La
guerra vi era descritta in modo cosí strano che ci era irri-
conoscibile. La Valle di Campomulo che, dopo Monte
Fior, noi avevamo attraversato senza incontrare un feri-
to, vi era dipinta «imbottita di cadaveri». Di austriaci,
naturalmente. La musica ci precedeva negli assalti ed
era un delirio di canti e di conquiste. Anche i nostri
giornaletti militari erano molto noiosi. La verità l aveva-
mo solo noi, di fronte ai nostri occhi.
Il sottotenente Montanelli, un giorno, venne a trovar-
mi. Egli era un veterano del 2 battaglione, comandante
il reparto zappatori. Era studente in ingegneria all Uni-
versità di Bologna e ci conoscevamo fin dal Carso. Era
anch egli uno dei pochi scampati ai combattimenti
dell Altipiano. Arrivò mentre io leggevo.
Tu leggi? mi disse. Non hai vergogna?
E perché non dovrei leggere? risposi.
Egli indossava un impermeabile, abbottonato. Dei suoi
indumenti, si vedevano solo l elmetto, l impermeabile,
metà fasce e le scarpe. Queste erano sgangherate e tenute
assieme da un groviglio di fili di ferro. Le suole erano
nuove, di corteccia d abete. Si sbottonò l impermeabile e
mi si mostrò nudo, dall elmetto alle fasce. Cosí l avevano
ridotto due mesi di campagna. Dalla fine di maggio, non
c era arrivato in linea un solo pezzo di vestiario. Chi piú
chi meno, eravamo un po tutti vestiti come vagabondi.
E la biancheria? gli chiesi
Non essendo un genere di prima necessità, l ho
abolita. La mia fauna mi obbligava a tali fatiche di cac-
cia, piccola e grossa, che ho preferito bruciarne i ricove-
ri. Ora mi sento piú uomo. Voglio dire piú animale. E tu
leggi? Mi fai pena. La vita dello spirito? Ècomico, lo spi-
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Letteratura italiana Einaudi
Emilio Lussu - Un anno sull Altipiano
rito. Lo spirito! L uomo del bisonte aveva una vita dello
spirito? Noi vogliamo vivere, vivere, vivere.
Non è detto che, per vivere, sia obbligatorio soppri-
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